Circondato da colline di vigneti, il nucleo di Vigna San Carlo a Saluzzo è costituito dalla casa padronale, la cascina con i fabbricati agricoli di pertinenza e la cappella campestre dedicata a San Carlo e Santa Caterina.
Il contesto paesaggistico rappresenta una delle poche testimonianze della antichissima tradizione viticola del saluzzese legata in particolare alla vinificazione del Pelaverga, presente in queste terre dalla fine dell’VIII secolo.
Il progetto di recupero architettonico di Vigna San Carlo è pensato come parte integrante di un progetto più ampio e organico di valorizzazione della qualità paesaggistica dei luoghi e delle specificità dei vitigni autoctoni del territorio di Saluzzo.
Le colline di Saluzzo, terroir di antica tradizione
La bella storia della viticoltura saluzzese ha origini antichissime e trova le sue prime tracce nella villa rustica romana rinvenuta a Costigliole Saluzzo, una domus agricola di età augustea con un impianto di produzione vinicola databile tra il I e il III secolo d. C.
Il valore sociale ed economico della viticoltura è attestato anche in epoca medievale quando l’abbazia di Staffarda a Revello – uno dei più antichi monasteri cistercensi in Italia, importante crocevia culturale e religioso – sceglie di concedere piccoli appezzamenti di bosco ai contadini purché fossero coltivati a vigneto.
Dalla seconda metà del XV secolo buon vino saluzzese valica le Alpi attraverso il Buco di Viso, il primo traforo transalpino aperto alle pendici del Monviso per volontà del marchese di Saluzzo Ludovico II.
Un vino “molto perfetto” nato in particolare dal vitigno Pelaverga, così pregevole da rappresentare il graditissimo dono offerto ogni anno dalla marchesa Margherita di Foix a papa Giulio II della Rovere, che nel 1511 concederà alla città di Saluzzo la cattedra vescovile. Dei preziosi vitigni autoctoni, solo pochissimi sopravvivono al tempo, come riportato nei bollettini ampelografici dell’Ottocento. Negli ultimi anni del Novecento, un po’ di questa storia torna a vivere tra i filari della tenuta Vigna San Carlo.
Grazie al ritrovamento di tralci inselvatichiti di vite blancha sui terrazzamenti a oltre mille metri di altitudine in Val Maira, il piccolo appezzamento di Vigna San Carlo diventa un campo sperimentale dedicato all’antico vitigno ritrovato, riconosciuto dall’Università di Torino come gouais blanc, un vitigno introdotto in Val Maira dai monaci dell’abbazia benedettina di Villar San Costanzo e antenato di molti vitigni tradizionali francesi e tedeschi.
Il restauro
di Vigna San Carlo
Il complesso di Vigna San Carlo è attestato come “vigna” già dalla prima metà del Settecento. Documentato come “casa di campagna” nel secolo successivo, è nuovamente modificato con l’ampliamento della costruzione rurale adiacente alla cappella, riferibile alla seconda metà dell’Ottocento.
L’edificio agricolo e la cappella campestre compongono un unico fabbricato sviluppato lungo un asse longitudinale est-ovest.
L’edificio agricolo è articolato in due piani fuori terra: il piano terreno dedicato attività connesse alla conduzione della vigna, il primo piano destinato a uso abitativo.
La cappella settecentesca, che chiude a ovest il corpo di fabbrica, è caratterizzata da un unico piano fuori terra a pianta rettangolare ed è coperta da una volta a padiglione con lunette.
L’intervento di restauro ha avuto come obiettivo principale quello di arrestare il degrado che ha interessato per molto tempo la struttura e la pelle dell’antico manufatto architettonico. La prima fase ha comportato la verifica dell’efficienza delle coperture e dei sistemi di convogliamento dell’acqua piovana, con la ripassatura del tetto e la sostituzione di grondaie e pluviali ammalorati.
La cappella
è stata oggetto di un consolidamento strutturale delle porzioni di muratura lesionate con l’inserimento di tirante, la cucitura con sistema composito fibrorinforzato e il successivo ripristino con mattoni antichi.
Gli intonaci esterni sono stati integrati nelle parti lacunose (mattoni mancanti o erosi), trattati con biocida e consolidati.
Il restauro della facciata ha previsto in più una velatura finale a base di calce e l’integrazione pittorica delle parti decorate a trompe l’oeil.
All’interno della cappella è stato condotto un cauto descialbo delle superfici a intonaco per recuperare le antiche decorazioni policrome affioranti sotto strati di tinteggiature recenti.
L’intervento di restauro ha rivelato la delicata decorazione pittorica coeva alla costruzione, raffigurante un drappeggio a finto marmo creato a ornamento dell’altare.
Il consolidamento del solaio ligneo – che ha richiesto la realizzazione di una nuova soletta collaborante alleggerita connessa alla struttura lignea esistente – ha reso nuovamente fruibile il locale “tinaia” al piano terreno dell’edificio agricolo, preziosa testimonianza delle tradizionali pratiche di lavorazione delle uve durante la vendemmia.
A ridosso della casa padronale, al di sotto del terrapieno che si sviluppa per tutta la sua lunghezza, si trova, perfettamente conservata, l’antica cantina coperta da volta a botte in mattoni, il cuore dell’attività agricola.
L’impermeabilizzazione dell’estradosso della volta in mattoni e il ripristino della superficie calpestabile con lastre in pietra di Luserna su tappeto erboso – fino alla terrazza, con il restauro conservativo della balaustra in colonnine di calcestruzzo – permettono oggi un’adeguata fruizione della cantina interrata e dello spazio circostante.